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L’ Oued Tiflet è una di quelle navi che trovandosi a fronteggiare due guerre ha avuto una vita convulsa ed avventurosa passando di mano da diversi padroni e con essi cambiando nome.
La nave fu impostata nei cantieri tedeschi Nuesche & Co. di Stettino ai primi del secolo come nave da carico per conto della società armatrice tedesca Sprenger e varato con il nome Kathe Martha.
Catturata dai russi a Riga durante la prima guerra mondiale venne iscritta alla marina zarista con il nome di Gruzovo e poi in quella sovietica con la sigla N-4.
Restituita ai tedeschi al termine della guerra venne ceduta alla società armatrice francese Compagnie de Navigation Parquet di Marsiglia. La nave venne ribattezzata Oued Tiflet e fu impiegata sulle rotte per le colonie francesi in Africa, nome che rimarrà invariato fino al suo affondamento.
Nuovamente in guerra, il 17 Dicembre del 1942 venne requisita dai tedeschi per i quali operò come mercantile fino al suo affondamento avvenuto 14 Gennaio 1943 quando fu silurata dal sottomarino britannico Sahib (P212). In pochi minuti la nave affondò, nonostante il comandante avesse tentato di farla arenare dirigendosi verso la costa di Loano.
Il relitto si trova adagiato su un fondale sabbioso in assetto di navigazione e si presenta generalmente integro fatta eccezione per la prua che, divelta dall'esplosione del siluro, si trova ad essere ruotata verso l'alto in prossimità della stiva di carico.
Le strutture del ponte vennero in gran parte smantellate durante il dopoguerra per recuperarne il prezioso acciaio.
L'immersione
Scendiamo lungo il pedagno ed intorno ai 20 metri , se la visibilità lo permette, si può cominciare a scorgere la sagoma del relitto avvolto da nuvole di castagnole.
A circa 43 metri di profondità raggiungiamo la murata di tribordo dove termina la grossa catena del pedagno. Da qui tenendo la parete della nave sulla sinistra proseguiamo la discesa verso il fondo dove a circa 48 metri troviamo la sabbia e scorgiamo l'imponente sagoma della poppa. Questo è forse il punto piu'scenografico di tutta l‘immersione con la grande elica semiaffondata ed il timone ancora integro.
Girando attorno al timone cominciamo a risalire la murata di babordo ed una volta ritornati sulla coperta incontriamo i grandi vani bui delle stive di poppa. Penetriamo nelle stive e le percorriamo sino all'intrico di lamiere divelte dove la prua è stata sventrata dal siluro.
Qui, se ci rimane ancora abbastanza aria nelle bombole, possiamo proseguire verso l'antro formato dalle lamiere della prua messa quasi in verticale. In questo caso però dovremo affrettare il ritorno verso la catena del pedagno per evitare di aggiungere ulteriori minuti alla già consistente sosta di decompressione.
Per concludere
Il Tiflet offre un'immersione sempre affascinante che non si esaurisce in una sola esplorazione. Considerando la profondità alla quale si trova il relitto ed il fatto di dovere quasi obbligatoriamente prevedere una sosta di decompressione, l'immersione è riservata prevalentemente a subacquei esperti.
Fonte: testi e immagini tratti da atlantisub.org
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